Sei riflessioni sul Talmud by Elie Wiesel

Sei riflessioni sul Talmud by Elie Wiesel

autore:Elie Wiesel [Wiesel, Elie]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2013-10-30T23:00:00+00:00


Così parlò il re della Giudea.

Questo richiamo alla rassegnazione e alla sottomissione, questa apologia della schiavitù politica, nonostante sembrasse razionale, ricevette la risposta che meritava: la gente si mise a scagliare pietre contro il proprio re. La disperazione non è mai stata, e mai sarà, una risposta ebraica alle avversità.

Ma Agrippa non era il solo a predicare la disperazione: anche Giuseppe Flavio era d’accordo con il re. Il giovane generale ebreo di ventisei anni fu infatti così impressionato da Roma e dal suo potere, dalla sua gloria e dalle sue ricchezze, da farsi portavoce dei romani a Gerusalemme. Anch’egli tenne discorsi pubblici, e anche in quel caso gli ascoltatori iniziarono a lanciargli addosso delle pietre.

Persino tra i farisei esistevano pacifisti influenti della loro stessa opinione. Tra questi vi erano rabbi Hanina, rabbi Yehoshua’, rabbi Eli’ezer e rabbi Yohanan, che però espressero le loro posizioni sempre in quanto membri della comunità, criticando le guide politiche del paese senza mai dimenticarsi di farne parte, e dividendo quindi con la comunità stessa la sofferenza e l’agonia.

Inoltre, le loro ragioni riguardavano più Gerusalemme che Roma, più la situazione locale che i rischi militari. Se gli ebrei fossero stati uniti, il loro patriottismo sarebbe stato sufficientemente forte da permettergli di resistere all’assalto romano. La loro sconfitta, la nostra quindi, fu il risultato di conflitti interni e di una guerra civile. I romani scelsero di assediare e non di invadere Gerusalemme, perché compresero che era il momento giusto per quella mossa, convinti che, se avessero atteso, gli ebrei stessi avrebbero finito per favorire la loro impresa. Gli eventi mostrarono che avevano ragione. Gli zeloti cominciarono a uccidere alcuni membri della nobiltà e della borghesia di Gerusalemme. Ananus II e Shim’on ben Gamliel furono tra le loro vittime. Quindi iniziarono a farsi la guerra tra di loro: El’azar contro Menahem e Yohanan Gush-Khalav contro tutti. Ascoltate come Giuseppe Flavio descrive quest’ultimo e i suoi uomini:

Col bottino lordo di sangue gozzovigliavano e infine, sazi, si abbandonavano senza ritegno all’effeminatezza acconciandosi i capelli, indossando abiti da donna, cospargendosi di profumi e dandosi il bistro agli occhi per farsi più belli [...] ma se avevano visi di donna, le loro erano mani d’assassini: mentre procedevano con molle andatura all’improvviso si trasformavano in audaci uomini d’arme, ed estraendo le spade da sotto alle vesti dai colori sgargianti trafiggevano chiunque capitava.1



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